Nei luoghi abitati della Terra siamo ormai privati della possibilità di ammirare la meraviglia del cielo stellato che ci circonda. Limitati nel vivere quell’intensa esperienza di infinito che ha generato nell’uomo il sentimento di spiritualità e di legame con il kósmos, essenziale a chiunque nel riflettere sulle proprie capacità interiori e nel considerare le scelte relative al proprio ruolo nel mondo. L’opera di Emanuela Ascari nella Chiesa dei SS Carlo e Agata di Reggio Emilia – sintesi eloquente di due distinte opere precedenti “Risonanze” (2011) e “Corpo celeste” (2015-2019) – è sostenuta dall’idea che ogni ipotesi di ri-esistenza dell’uomo, mai come ora, sia vincolata al destino del pianeta nel distendere la narrazione della perdita del cielo stellato, oscurato dall’inquinamento luminoso e atmosferico della modernità. L’inizio quindi della crisi ecologica e della fase di squilibrio ambientale che sta alterando le condizioni di vita sul pianeta, al punto da renderlo sempre più inospitale per l’uomo e per molte altre forme di vita animale e vegetale. La parte sonora della mostra, dal titolo Risonanze, indica una via per ristabilire quel legame, evocando questo paesaggio negato, non più accessibile allo sguardo, con la lettura cadenzata di una successione di nomi in ordine alfabetico, parole antiche, circa quattrocento, che corrispondono alle più luminose stelle conosciute, corpi celesti che ormai possiamo solo nominare. In Arabo la maggior parte, ma anche in Latino, Greco, Cinese, questi nomi rivelano la storia di un sapere condiviso, che attraversa epoche e territori, e di un cielo comune. E come un mantra, induce ad uscire dai confini della realtà materiale per proiettarsi dove la materia è pura energia, vibrazione e armonia, attraverso l’uso della voce, del corpo come cassa di risonanza. Nell’esperienza dell’opera e nel suo attraversamento si estenderanno allora i confini dell’immaginario, fino a comprendere di nuovo il cielo. Un cielo che, come sempre, anche se non lo vediamo, si ripete sopra le nostre teste, in un susseguirsi di stagioni e mutamenti, portando in sé quella forza di rigenerazione che permette, ogni giorno, e dopo ogni crisi, di rinascere a nuova vita. Cielo che, ad uno sguardo più ampio, include anche la Terra, Corpo celeste tra gli altri, concetto da cui trae titolo la sequenza delle immagini fotografiche prodotte, realizzate con il metodo chimico della cromatografia circolare, utilizzato nell’agricoltura biodinamica per l’analisi qualitativa del terreno, generando disegni dalla reazione del nitrato d’argento alla luce e alla sostanza da analizzare. I terreni rivelano così le loro caratteristiche in immagini che sono espressione visibile delle loro qualità e forze vitali, e della relazione tra sostanza organica, minerale e attività biologica. Una miglior qualità si esprimerà in bellezza, vitalità delle linee e armonia dei colori, come nelle cromatografie circolari esposte, realizzate con campioni di terreni coltivati secondo i principi della biodinamica, della permacultura, e dell’agricoltura biologica, a cui sono stati invertiti i colori, come per ribaltare il punto di vista, a rivelare la profondità cosmica insita nella Terra.
Se vista dallo spazio, ad una scala diversa, anche la Terra è un astro.